La città ideale

Il tema ricorrente del periodo rinascimentale è quello della “città ideale” che rispecchia i principi di razionalità e funzionalità in opposizione al sovrappopolamento urbanistico del Medioevo. La città, che nel corso del Medioevo abbiamo sempre visto essere considerata come luogo della vita e delle attività umane, assume ora un valore simbolico più ampio e complesso. L’idea dell’ambire ad uno “spazio ideale”, si può affermare, che abbia accompagnato l’uomo lungo tutta la sua storia, fin da quando, già nella remota antichità, ha dovuto confrontarsi con situazioni e problematiche che emergevano dallo strutturarsi degli insediamenti umani e dell’economia in forma urbana.

Le nuove città devono essere ordinate ed efficienti, con un piano regolatore, mai attuato prima, tanto che le città vengono progettate in maniera geometrica riproponendo elementi classici e tralasciando le fortezze a scopo difensivo dei secoli precedenti. Molto spesso i progetti di queste “città ideali” sono rimasti sulla carta o sono stati parzialmente realizzati per i loro carattere utopico, per l’epoca. Lo spunto principale e concreto per la formazione di questi nuovi piani urbanistici avvenne dall’osservazione di città classiche ancora ben conservate, ad esempio Mileto in Turchia, la cui pianta risale al 480 a.C. circa, e anche al trattato “De architectura” di Marco Vitruvio Pillione del 15 a.C., dove si trova una sezione di “Pianificazione della città”. Da questi studi, derivano alcuni principi delle città ideali: l’ordine, anche per quanto riguarda gli incroci tra le vie, la divisione degli spazi e degli abitanti in base alla classe sociale.

La piazza (riconducibile al foro delle epoche classiche), come la chiesa (il tempio) riprendono la loro funzione di fulcro della vita cittadina. Attorno sorgono gli altri importanti edifici, così come gli illustri personaggi dell’intero centro risiedevano vicino alla piazza dando un’ordine ben preciso alla disposizione delle abitazioni delle persone. Così la “città ideale” del 1490, conservata ad Urbino nella galleria nazionale delle Marche, diventa la più celebre di queste opere di progettazione, per la sua bellezza e il suo classicismo ortogonale: le strade sono spaziose, la piazza è ampia con al centro il tempio a pianta circolare e gli edifici sono minuziosamente allineati.

Pochissime sono le città che attuano questo modello: Urbino grazie al mecenate Federico da Montefeltro, papa Pio II nella città di Pienza e Ercole I d’Este a Ferrara. Stupendo esempio, meno conosciuto, è anche la cittadina di Palmanova in Friuli Venezia Giulia, voluta dal governo di Venezia, presenta uno schema a pianta stellare con nove bastioni e tre portoni da cui si accede e si arriva direttamente alla piazza di forma esagonale, mentre tra i raggi si sviluppano i quartieri e le abitazioni. E’ sorprendente notare la rigorosa simmetria tra tutte le sue parti. Nella realtà moderna, di quei progetti, ora rimangono solo l’ordine geometrico delle strade, come si vede in alcune moderne città, come ad esempio New York, e dei complessi abitativi, che si sviluppano in altezza per sfruttare il maggior spazio possibile per creare nuovi appartamenti e uffici. Dal punto di vista dello stile però, nelle grandi città e nei nuovi edifici manca del tutto quel sogno rinascimentale di fusione del classico e del moderno tipico dei progetti della “città ideale”.