Girano diverse voci sul megalodonte. Alcuni pensano che sia una leggenda, altri invece che sia stato un dinosauro acquatico. Quel che è certo, però, è che da sempre l’immaginazione umana ha riempito i mari di ogni sorta di mostro marino, alimentata dalla paura suscitata dall’ignoto, insito nelle oscure profondità degli abissi marini. In effetti è proprio qui che in molti si chiedono, e talvolta ipotizzano, che possa essere sopravvissuto, lontano dai nostri occhi.
Il megalodonte vissuto tra il Miocene e il Pliocene è considerato lo squalo più grande che abbia mai regnato in tutti gli oceani. Il suo nome scientifico è Carcharocles megalodon, che significa “dente gigante”, e c’è un buon motivo per cui viene chiamato così: i suoi denti erano quasi tre volte più grandi del dente di un comune squalo bianco. Le stime più attendibili sulle sue dimensioni lo descrivono di una lunghezza compresa tra i 15 e i 18 metri e con un peso di circa 30 tonnellate.
Ma su cosa basiamo le stime e che cosa è arrivato fino ai nostri giorni del megalodonte? Solo denti e poche vertebre. In effetti, a un primo impatto può sembrare ben poco, ma In ogni caso si tratta di ritrovamenti decisamente eccezionali, raggiungendo anche i 18 cm, sono denti lunghi più del doppio di quelli dell’odierno squalo bianco. La maggior parte degli studi sul megalodonte sono pertanto incentrati sui denti e, di conseguenza, sulla probabile potenza del morso. Proprio per questo, il grande e possente predatore sembra abbia regnato incontrastato per tutto il tempo in cui è vissuto sulla Terra, ma in realtà i fatti non stanno esattamente così. I cetacei suoi contemporanei non annoveravano solo pacifiche e relativamente indifese balene, ma anche qualcuno che avrebbe potuto dargli non poco filo da torcere.